Views: 33
Prendo spunto da alcune dichiarazioni rilasciate da una guida alpina sulla tragedia della Marmolada, che, come da luogo comune consolidato, sostiene che la causa di quello che succede al clima siamo noi tutti, con i nostri comportamenti.
Mi permetto di segnalare che questo luogo comune abbastanza irritante è non solo falso, ma anche pericoloso.
È una lettura totalmente errata, strumentale e profondamente iniqua quella che scarica totalmente la responsabilità del disastro ambientale sui singoli individui (i consumatori che sono la maggioranza). È la solita manfrina disgustosa del capitale che crea danni e indica come responsabili gli ‘utenti finali’, dove ‘finale’ sta anche per ‘responsabile finale’. È lo stesso identico principio per cui, a livello economico, le aziende affondano gli artigli sul denaro della collettività e si socializzano le perdite mentre si privatizzano i profitti.
Chi ha fatto la storia, soprattutto in questi ultimi 30 anni è il capitale, che l’ha scritta è il potere economico, e chi la divulga sono i portavoce di chi l’ha scritta e chi l’ha fatta.
Chi è che ha scassato giornalmente i cabbasisi con il PIL, con il rilancio dei consumi, e con il fatto che bisogna dare denari a chi sta peggio (per incrementare i consumi), perchè tutto si regge su questo? Noi poveri mortali o coloro che continuano a rigenerare questo sistema che non è una regola divina né naturale (per parafrasare il giudice Falcone ‘il mercato è un fenomeno umano, e come tutti i fenomeni umani ha un inizio ed una fine). Ci è stato imposto, ogni singolo istante della nostra vita, il principio che per sopravvivere bisogna ‘consumare’ e non solo, bisogna ‘consumare sempre di più’, (e, quindi si deve produrre di più, con aumento dell’entropia ambientale).
Chi sono i cialtroni che non valutano nell’ambito della cosiddetta ‘scienza economica’ (che, mi permetto di ricordare a tutti i geni dell’economia, non è una scienza esatta, anzi, è più vicina alla disciplina teologica, che fa discendere tutto da un principio primo – in questo caso il nucleo fondante dell’ideologia del liberismo) il costo ambientale a lungo termine? I ‘consumatori’ o i portavoce dei padroni? Chi è che non vuole contemplare quella voce in più nei ‘costi’, che è l’usura ambientale’? Noi?
Oggi si fa largo abuso della parola libertà che ha assunto quasi un valore assoluto, un valore ideologico. Ebbene, mi spiace molto doverlo far notare, ma la libertà l’uomo non ce l’ha e non l’ha mai avuta. Non ha la libertà di vivere in eterno, ad esempio. Non ha la libertà di non ammalarsi mai (questo per ‘natura’). Non ha, inoltre, la libertà di tagliare la gola al vicino o di prendere a randellate ad mentula canis chi vuole (questo per il principio umano di regolazione dell’entropia sociale tramite le leggi). Bene, non sarebbe ora di limitare altre libertà, che hanno portato al rischio di estinzione il genere umano? Limitare la libertà di arricchirsi troppo (arricchirsi si, ma non ‘troppo’); collegata a questo dovrebbe essere limitata la libertà di ‘produrre troppo’ e porre sul mercato prodotti ridondanti (con abbassamento dell’uso di energia e riduzione dell’impatto ambientale della presenza su questo pianeta) e senza enormi disagi per il genere umano. Si dovrebbe, insomma, limitare la odierna totale libertà ‘dei ricchi’ di devastare l’ambiente e ridurre sempre più in povertà il genere umano, perché ‘crisi ambiente’ e ‘povertà’ sono collegati ed hanno la stessa causa. Sarebbe anche ora di smetterla di usare la parola libertà come sinonimo di ‘democrazia’ o come sinonimo di ‘liberismo’, come se negando il liberismo si negasse libertà (nell’accezione dei portavoce del modello, ossia libertà loro, di togliere la libertà di vivere degli altri, perché questo è) o democrazia.
Chiunque continui a sostenere che tutta quanta la responsabilità è solo in capo ai comportamenti dei singoli individui che sono cattivi consumatori sbaglia (ovviamente nulla c’entra questo con il fatto che esista una diseducazione individuale da questo punto di vista e che il comportamento individuale abbia un peso rilevante).
Abbiamo avuto grandi esempi ‘recenti’ nel campo del metodo storiografico: La scuola di Francoforte, il gruppo di Les Annales. Non sarebbe anche giunto il momento di cominciare a rileggere la realtà e quindi la storia (almeno quella recente) in un modo alternativo, usando il depauperamento e l’usura ambientale (ricordo a tutti che l’ambiente è un sistema integrato con l’uomo che mangia e beve parti dell’ambiente in cui vive e non è una zona dove l’uomo può allegramente riversare l’entropia prodotta dalla sua azione) come punto di riferimento?
05.07.2022 Gianluca Pinto